Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  lunedì 04 aprile 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
La situazione. Cronache di proibizionismo e di carcere

di Valter Vecellio

Per quanto assurde possano sembrare, queste “cronache del proibizionismo” sono vere, notizie delle ultime 48-72 ore ricavate dalle agenzie, che a loro volta hanno pubblicato quelli che sono veri e propri mattinali delle varie forze di polizia.

 

Si può cominciare da Gorgoglione, provincia di Matera: “I carabinieri hanno arrestato un 27enne del posto, durante uno specifico servizio, finalizzato al contrasto e al consumo ed allo spaccio di sostanze stupefacenti”. Vediamo il risultato dello specifico servizio: “E’ stato trovato in possesso di 30 grammi di hashish e di una somma di circa 500 euro, verosimilmente provento dell’attività di spaccio”. Verosimilmente...trenta grammi di hashish. Ancora: “Il giovane era tenuto d’occhio, e accertati alcuni suoi movimenti sospetti, è stato perquisito personalmente e a casa. Dopo le formalità di rito, è stato associato al carcere di Matera”. E c’è da credere che altre brillanti operazioni seguiranno, perché il mattinale avverte: “I carabinieri hanno intensificato i controlli antidroga anche nei piccoli centri del materano per contrastare il fenomeno dello spaccio”.

 

A Napoli, ora. Qui la storia ha dell’incredibile, ma proprio per questo magari è davvero avvenuta. Domenica scorsa un ragazzo vuole vedere Napoli-Inter e per questo cerca di scavalcare la recinzione esterna del campo di calcio. I carabinieri lo hanno immediatamente fermato, ma il ragazzo ha cercato di fuggire. Bloccato, viene perquisito e gli trovano due grammi di marijuana. Allora cosa fa il ragazzo, secondo il mattinale? Tenta di offrirlo ai carabinieri, per garantirsi l’impunità. Come possa offrire qualcosa che gli è stato sequestrato non si capisce molto, fatto è che viene arrestato. Per due grammi.

 

In Molise arrestato, un uomo di 41 anni. Gli hanno trovato in tasca un grammo e mezzo di marijuana. E fermiamoci qui, di esempi simili se ne possono fare a decine, ogni settimana, ogni mese. E domandiamoci che senso abbiano brillanti operazioni come queste. Decine, centinaia di poliziotti, carabinieri, finanzieri impegnati per dare la caccia a consumatori di pochi grammi di hashish e marijuana; detenzioni, marchi di infamia per chi viene arrestato i cui nomi vengono quasi sempre fatti per intero; processi che quasi sempre si concludono con la formula: “Non ha commesso il fatto”, o delle multe. Che senso ha tutto questo? Anche i più irriducibili proibizionisti, i Carlo Giovanardi e i Maurizio Gasparri, per fare due nomi, dovrebbero spiegare se davvero ritengono che questo sia il modo di combattere il narco-traffico e i grandi spacciatori legati a mafia, camorra, ‘ndrangheta.

 

Era il 1974 quando Marco Pannella, nell’ambito delle iniziative di disobbedienza civile, si fece arrestare per aver fumato pubblicamente uno spinello; e negli anni successivi ci sono state altre manifestazioni di disobbedienza civile contro le assurde legislazioni che mettono in galera per un grammo o due di roba; e dopo di loro, altri: Angiolo Bandinelli, Jean Fabre, Emiliano Silvestri... E’ per queste manifestazioni, per esempio, che Pannella, Rita Bernardini, Sergio Stanzani per fare tre nomi, non si possono candidare alle prossime elezioni regionali. C’è chi promette, auspica; c’è chi fa e paga di persona. E’ questa la differenza.     

 

E ora notizie dal carcere. Anche queste, per quanto assurde possano sembrare, sono vere. Riferisce, per esempio, “La Nuova Sardegna”:  Le carceri in costruzione in mano agli appaltatori G8”. Ecco di cosa si tratta: “In Sardegna ci sono quattro carceri in costruzione. A Cagliari, Sassari, Oristano e Tempio. Le gare per l’affidamento dei lavori sono state coperte dal segreto di Stato. Come per il G8. Tre degli appalti per la costruzione degli istituti penitenziari sardi sono andati ad altrettante società che poi li hanno vinti, nel 2008, anche per le opere alla Maddalena: Opere Pubbliche spa per il carcere di Cagliari, Anemone srl per quello di Sassari, Gia.fi costruzioni per quello di Tempio. L’aggiudicazione l’ha fatta il Siit (Servizi integrati infrastrutture) del Lazio, braccio operativo del Ministero delle Infrastrutture guidato, fino al settembre del 2005, da Angelo Balducci, il soggetto attuatore del G8 finito in carcere, insieme al successore Fabio De Santis, con l’accusa di corruzione. Ovviamente non c’è alcun profilo penale. Solo un filo rosso che tiene insieme almeno tre società nella realizzazione dei più rilevanti interventi pubblici in Sardegna degli ultimi anni. Il piano carceri. Tra il 2002 e il 2003, il governo Berlusconi elabora il piano carceri. Alcune strutture verranno potenziate, altre costruite ex novo. Tra queste ultime, quelle di Cagliari (lavori per 58 milioni 840mila euro), Sassari (53 milioni 710mila euro), Oristano (36 milioni 150mila euro) e Tempio (33 milioni). Un decreto del ministero della Giustizia, firmato il 2 ottobre 2003 dai ministri Lunardi (Infrastrutture) e Castelli (Giustizia), impone che "tutti gli interventi rivestono carattere di urgenza e la loro esecuzione deve essere accompagnata da particolari misure di sicurezza". Niente di anomalo, è la prassi. I lavori devono essere fatti secondo le imposizioni dell’articolo 33 della legge quadro sui lavori pubblici. Il titolo è: "Segretezza". La norma dice che le opere "possono essere eseguite in deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle procedure di affidamento dei lavori pubblici". E, più avanti, chiarisce che possono "svolgersi delle gare informali". Niente bandi sulla Gazzetta Ufficiale e gare con procedure veloci, come è successo per il G8 alla Maddalena. Ilavori vengono affidati nel dicembre del 2005. Ne dà notizia, in visita a Tempio, il ministro Castelli. "Secondo quanto comunicatomi dal ministro delle Infrastrutture Lunardi il 22 dicembre scorso - informa Castelli il 26 dicembre 2005 - sono state aggiudicate le gare d’appalto per gli istituti penitenziari di Tempio, Cagliari, Sassari e Oristano". Il soggetto attuatore. Materialmente, le gare informali le ha fatte il Siit. In questo caso, quello di Lazio, Abruzzo e Sardegna. Fino a quattro mesi prima, il direttore generale del Siit era Angelo Balducci, ora in carcere con l’accusa di corruzione per i lavori del G8 alla Maddalena. Il 3 agosto 2005, infatti, il governo (assente Berlusconi, presente il vice Fini) nomina Balducci presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Al suo posto, al Siit, Valeria Olivieri. Il Tar. Una società esclusa dagli appalti, Pizzarotti spa (quella che ha fatto i lavori per l’ampliamento della base Usa alla Maddalena nel 2003), presenta ricorso al Tar del Lazio perché il ministero delle Infrastrutture le ha negato l’accesso agli atti della gara per le carceri di Sassari. I giudici respingono il ricorso, perché "la costruzione di un penitenziario può essere secretata". Solo quando sono cominciati i lavori, sono saltati fuori i nomi delle società. Tutti finiti nell’elenco, pubblico, dell’Igi, l’Istituto grandi infrastrutture. Opere Pubbliche spa (gruppo Gariazzo) ha vinto i lavori per le carceri di Cagliari (alla Maddalena ha poi realizzato il depuratore). Anemone srl ha vinto quelli per le carceri di Sassari (alla Maddalena ha costruito il palazzo delle conferenze). Gia.fi costruzioni ha vinto quelli per le carceri di Tempio (alla Maddalena ha costruito l’hotel dell’ex ospedale)”.

 

A Latina, ora: “I detenuti sono il doppio del consentito, carcere al limite”, riferisce “Latina oggi”. Si legge che “Il carcere conta il doppio dei detenuti che potrebbe regolarmente ospitare (145 presenze, contro le 86 che sono consentite dal regolamento e dalle norme sulla sicurezza degli istituti di pena). Inoltre il 50% dei detenuti è in attesa della sentenza definitiva. Dati che sono stati diffusi ieri l’altro dal garante regionale Angiolo Marroni che ha anche aggiunto come ci si trovi di fronte a "indicatori che confermano che i problemi della giustizia italiana non sono solo le poche carceri o la lentezza dei processi. Il nodo è una legislazione che punisce ogni reato con il carcere. Ciò che serve è un cambio di rotta, soprattutto a livello politico".

Tornando ai numeri, che da soli dicono moltissimo, il carcere di Latina potrebbe ospitare 57 uomini e 27 donne; in realtà vi sono reclusi 112 uomini e 33 donne; di questi il 38% è rappresentato da stranieri, dato che rispecchia la media del Lazio, a sua volta più alta di quella nazionale. In tutto il Lazio la percentuale di coloro che sono in attesa di giudizio definitivo è superiore di quattro punti a quella nazionale (50% contro il 46%).

Alla data dell’otto febbraio 2010 i reclusi nelle carceri della regione Lazio erano 5.882 (nello specifico 5.470 uomini e 412 donne), 1.284 in più rispetto alla capienza regolamentare dichiarata dal Dipartimento del Ministero che prevede, appunto, 4.598 posti. "Il sovraffollamento ha detto il Garante per i diritti dei detenuti - è figlio di una politica che tende a reprimere con il carcere ogni tipo di condotta contraria alla legge.

È dei giorni scorsi, per esempio, la proposta di ricorrere al carcere per chi viola le regola di condotta sulle piste da sci. È chiaro che se si continua così il sistema andrà ancor più velocemente verso il collasso". Va detto che a proposito del carcere di Latina, appena due giorni fa gli operatori e le guardie carcerarie avevano parlato di situazione limite sottolineando che ormai da anni si lavora e si vive lì dentro in condizioni difficilissime, ormai non più sostenibili. Esiste una proposta per la realizzazione di un nuovo carcere ma è di tutta evidenza che si tratta di una soluzione che non incide sulla drammatica situazione attuale.

La già difficile situazione logistica del carcere di via Aspromonte è aggravata dalla vetustà della struttura, che la rende assolutamente inadeguata sotto il profilo igienico sanitario. "Quella di Latina è una struttura fatiscente, umida, degradata, esposta ad un livello di igiene scarsissimo - spiega Giuseppe Pietrantoni, da 20 medico incaricato presso la casa circondariale di Via Aspromonte -Siamo costretti ad operare in una situazione molto simile a quella dei medici senza frontiere, ed abbiamo validi motivi per ritenere che un ospedale da campo allestito sotto una tenda ad Haiti sia igienicamente migliore della nostra infermeria".

Una denuncia forte, quella del medico del carcere, che sottolinea anche che oltre alla salute dei detenuti, la tutela sanitaria all’interno di un istituto di pena si estende anche agli operatori, siano essi agenti penitenziari, medici o esterni, ivi compresi i parenti dei detenuti.

Oltre a Giuseppe Pietrantoni, nella casa circondariale di Latina operano altri sei medici di guardia, che garantiscono una presenza costante all’interno del carcere, un medico e un infermiere del Sert che si occupano dei tossicodipendenti.

"Dallo scorso anno il servizio sanitario interno agli istituti di pena è passato sotto la competenza delle Asl. Il ministero aveva pensato di ridurre i costi, ma il trasferimento non ha fatto altro che aggravarli. E benché una Asl come quella di Latina abbia risposto benissimo, non soltanto a livello interno ma anche creando una corsia preferenziale per le visite specialistiche dei detenuti, il ministero ha finito per sottoporsi ad un aggravio di spesa: tutto quello che prima si poteva fare all’interno di un carcere, a Latina avevamo perfino la radiologia, adesso per qualsiasi contrattempo è necessario creare una scorta per accompagnare i detenuti in ospedale. E il personale manca". Ma il problema vero per i medici che operano in carcere restano le condizioni igienico sanitarie della struttura: nei giorni scorsi è stato registrato un caso di meningite. "Da noi ci sono le condizioni ideali per essere aggrediti da questo tipo di patologia" conclude Pietrantoni. Dunque buona fortuna.

Infine a Teramo, per la storia di Pietro: è uscito dal carcere e ora lo rimpiange. La vicenda è raccontata da www.piazzagrande.info: “Ecco un argomento di cui non si parlerà nelle passerelle tv. Ecco un episodio che gli opinionisti dei salotti mediatici dimenticano o ignorano. Loro sono bravi a decantare i meriti di sedicenti benefattori e altruisti. Ma veniamo al problema vissuto in solitudine dal giovane Pietro, per mesi detenuto presso il carcere di Castrogno di Teramo. Poi, il magistrato rivede la sua posizione gli concede gli arresti domiciliari, "perché le sue condizioni - questa la motivazione - non sono compatibili con il carcere". Rispedito a Roseto, quartiere case popolari, Roberto torna nella vecchia dimora lasciata per qualche mese. Senz’acqua, senza luce e gas. Arresti domiciliari in una casa dove il giovane Pietro, in grave stato di depressione, dovrà ritrovare la strada per risalire. Dove avrà da riflettere. Soprattutto, da rimpiangere… il carcere. In solitudine. In quella casa, infatti, nessuno potrà entrare e, tanto meno, uscire. Dove, più che il peso della detenzione, si farà sentire quello del silenzio, e del disagio fisico e morale. Rimpiangerà il carcere, abbiamo detto. Dove Pietro, nonostante tutto, era meno solo e non sentiva tanto freddo. Ora il distacco si è fatto più forte da quel mondo, il nostro, che dovrebbe reinserirlo e accoglierlo. Ci domandiamo se Pietro potrà mai farcela, in un territorio affollato di istituzioni, associazioni varie e burocrati dell’altruismo. Tutti assenti, eppure deputati ad assistere e aiutare (ma come?) chi da questa nostra società è uscito, deragliando. No, Pietro non potrà farcela da solo, con la sua miseria e solitudine. Facciamo subito qualcosa o sarà di nuovo carcere, se non qualcosa di peggio. Con buona pace di chi, negli abominevoli salotti mediatici, spaccia bontà e altruismo a piene mani (e a chiacchiere)”.

 

Questa la situazione, questi i fatti.